Il presidente dell’Argentina Javier Milei è intervenuto a gamba tesa sulle criptovalute. Non con una legge o un decreto ad hoc, ma con una iniziativa che comunque le riguarda da vicino e che coinvolgerà tanti argentini.
Tale iniziativa presenta però dei contorni inediti, sicché può essere considerata come un punto di partenza, come uno spunto di riflessione per comprendere la direzione che sta assumendo il rapporto tra criptovalute ed autorità statale. Non è escluso, infatti, che la “mossa di Milei” possa essere ripresa dai suoi omologhi in giro per il mondo.
Ne parliamo qui, rivelando cosa il presidente dell’Argentina ha in servo per il mondo crypto ed effettuando alcune riflessioni a beneficio degli investitori delle criptovaluta.
La mossa del presidente dell’Argentina
Il neo presidente dell’Argentina, Javier Milei, è noto per le sue idee fuori dal coro, per il suo comportamento eccentrico e per un approccio estremamente liberista, se non addirittura anarcocapitalista alla gestione dell’economia. Dunque, la sua mossa non ha colto completamente di sorpresa. Un’iniziativa dirompente, da lui, era in qualche modo attesa. Ma di cosa si tratta precisamente?
Di base, di una gigantesca regolarizzazione degli asset di investimento non dichiarati. Secondo gli standard più stringenti del contesto italiano, una vera e propria sanatoria.
L’iniziativa coinvolge tutti gli asset di investimento, e di conseguenza anche le criptovalute. Anzi, in particolar modo le criptovalute: l’Argentina è tra i primi posti per volume di scambi crypto.
La regolarizzazione consiste nella possibilità di dichiarare asset non precedentemente dichiarati, e quindi fonte di elusione fiscale, a condizioni molto favorevoli.
Sono previste infatti soglie di non punibilità e tempistiche piuttosto morbide. La scadenza ultima è fissata al 30 settembre 2023. Chi dichiarerà gli asset non precedentemente dichiarati entro quella data, e qualora tali asset non raggiungessero nel complesso i 100.000 dollari, non verrà sottoposto ad alcun procedimento penale o amministrativo.
Nel caso in cui il capitale in asset superasse i 100.000 dollari, sarebbe costretto a pagare una sanzione. Questa è del:
- 15%, se la dichiarazione avviene entro il 30 settembre 2024;
- 10%, se la dichiarazione avviene entro il 30 giugno 2024;
- 5%, se la dichiarazione avviene entro il 30 marzo 2024.
Cosa cambia per gli investitori argentini
Grazie a questa iniziativa del presidente dell’Argentina Javier Milei, gli investitori argentini possono regolarizzare i propri asset senza temere grandi ripercussioni. Il pensiero è rivolto in particolare agli investitori delle criptovalute per almeno due motivi.
In primis, perché in Argentina sono semplicemente tanti. I paesi che superano l’Argentina in quanto a volume di scambio e detentori di criptovalute si contano sulle dita di una mano.
In secondo luogo, perché l’Argentina soffre, come molti paesi occidentali e non occidentale, di alcuni deficit lato regolamentazione. Sicché è probabile che molti investitori crypto non si siano mai regolarizzati semplicemente perché non sapevano come fare, o era troppo difficile farlo.
Come interpretare questa notizia
La notizia può essere interpretata su più piani. In primis, sul piano politico. C’è chi riduce la regolarizzazione degli asset di investimento a uno strumento per far cassa in modo semplice, un po’ come avviene con i condoni edilizi. C’è chi la considera come la manifestazione del pensiero politico di Milei, che è tendenzialmente comprensivo verso chi possiede ricchezza.
E poi c’è il livello più profondo, che riguarda gli investimenti in criptovaluta. La verità è che, in virtù di questa iniziativa, le criptovalute vengono considerati asset di investimento esattamente come gli altri In un certo senso, e pure in modo contorto (nell’ambito di una sorta di condono), alle criptovalute viene assegnata la medesima dignità dei titoli azionari, delle obbligazioni etc.
L’iniziativa di Milei è importante anche perché può aprire un pensiero. Se andrà a buon fine, e quindi le adesioni saranno numerose, altri governi potrebbero seguirlo. Sarebbe infatti la dimostrazione che regolarizzare i patrimoni in criptovalute, e di conseguenza sottoporli a tassazione, è relativamente facile.