Il governo americano starebbe pensando a una tassazione sul mining delle criptovalute. Per giunta, a una tassazione che gli appassionati di criptovalute, chi spera nella loro diffusione capillare, potrebbe definire “folle”. Non è una voce di corridoio, bensì il frutto di una dichiarazione d’intenti pronunciata nientemeno che dal Tesoro degli Stati Uniti.
Ne parliamo qui, descrivendo nel dettaglio la proposta del governo e riflettendo sulle regioni che si celano dietro, sulla sua sostenibilità, sulle probabilità che venga effettivamente approvata.
L’idea di Biden
Prima di presentare la proposta del governo USA è bene fare una breve ma esaustiva panoramica del mining. Il mining è l’attività che consente di estrarre i codici che corrispondono alle unità di criptovaluta. Una volta estratto il codice, si ottiene la criptovaluta.
Si tratta di una sorta di meccanismo automatico che consente l’immissione di nuove unità sul mercato e surroga, in una prospettiva decentralizzata, l’emissione di moneta da parte delle banche centrali. Il mining, e quindi l’estrazione di codici, procede da calcoli estremamente complessi, che richiedono l’impiego simultaneo di un numero indefinito, ma spesso molto alto, di computer.
Il mining caratterizza la vita di molte criptovalute, tra cui Bitcoin. Anzi, l’emissione di nuovi Bitcoin è legato a un meccanismo che rende progressivamente più difficile e complesso “minare” nuove unità. Un accorgimento, questo, pensato dai suoi creatori per sostenere i prezzi nel tempo.
Ora, il governo degli Stati Uniti sta pensando di tassare l’attività di mining. L’aliquota sarebbe molto elevata: il 30%.
Ovviamente, l’entrata in vigore del provvedimento sarebbe graduale. Si inizierebbe nel 2025 con una tassazione al 10%, si proseguirebbe nel 2026 con il 20% e si entrerebbe a regime nel 2027 con il 30%.
Non sono supposizioni o voci di corridoio, bensì dichiarazioni di intente espresse con il beneplacito di Joe Biden direttamente dal Tesoro USA. Il documento dal titolo “Spiegazioni generali delle proposte di entrate dell’amministrazione per l’anno fiscale 2025” infatti recita…
“Qualsiasi azienda che utilizzi risorse informatiche, di proprietà dell’azienda o affittate da altri, per estrarre risorse digitali sarebbe soggetta a un’accisa pari al 30% dei costi dell’elettricità utilizzata nell’estrazione di risorse digitali.”
Cosa succede se il mining viene tassato al 30%
Alcuni certamente vedrebbero di buon occhio una tassazione al 30%. E’ innegabile, però, che un tale provvedimento possa mettere un freno alla diffusione delle criptovalute e, più in generale, alle attività legate ad esse, almeno sul suolo statunitense.
E’ facile immaginare una fuga delle società di mining, che dagli USA si sposterebbero verso lidi fiscalmente più favorevoli. Anche al netto di questa migrazione di massa, la tassazione peserebbe in generale, su tutto il comparto, in quanto è possibile che gli altri paesi non riescano ad assorbire la quota di miner americani… E in fuga.
Ora, un Bitcoin sul cui mining gravi un aumento esponenziale dei costi di mining potrebbe andare incontro ad alcuni squilibri. Per esempio, i miner potrebbero limitare gli stock, e cercare di vendere a stretto giro i Bitcoin “minati”. Ciò potrebbe causare un effetto domino in grado di impattare radicalmente sui prezzi, ovviamente in senso negativo.
Senza considerare il rischio che il provvedimento funga da esempio, e quindi venga adottato anche dagli altri paesi. In questo caso, gli effetti sarebbero amplificati in modo significativo.
Le ragioni dietro la tassazione
Viene da chiedersi: perché il governo USA vuole tassare i mining? Intende contrastare lo sviluppo delle criptovalute? In realtà, al netto del fisiologico scetticismo delle istituzioni, questa motivazione non reggerebbe alla prova dei fatti.
E’ lecito pensare che dietro questa decisione vi sia la volontà di limitare l’impatto ambientale del mining, che è un’attività estremamente energivora. Infatti, a corollario del provvedimento, le società di mining sarebbero costrette a dichiarare non solo il valore delle criptovalute estratte, ma anche la quantità e la fonte di energia utilizzata.
Sarebbe dunque un provvedimento green, piuttosto che finanziario.
Quante probabilità ci sono che venga approvato? In realtà, non è affatto scontato che veda la luce. Attualmente, la maggioranza del congresso è in mano ai repubblicani. Inoltre, tra qualche mese si terranno le elezioni e le carte in tavole potrebbero cambiare radicalmente.